domenica 29 luglio 2012

BRUNO BRUNOD ATTRAVERSO LE SUE PAROLE

Una volta qualcuno ha detto di me che dovrei essere estinto, perché appartengo ad un altro secolo. Non penso che volesse dire che sono vecchio (lui non è tanto più giovane di me..). Penso che si riferisse al tipo di vita che ho fatto. Ora insiste che racconti questa mia vita e la mia carriera sportiva. Dice che bisognerebbe farla conoscere ai giovani di oggi, quelli che vogliono diventare campioni subito, senza far fatica. Mi ricordo che una cosa del genere me l'ha detta anche il Vescovo di Aosta. Allora come si fa a dire di no, se te lo dicono in due? Uno è il vescovo: e i vescovi, si sa, bisogna tenerseli buoni. Con l'altro siamo amici da tredici anni: ci siamo conosciuti nel 1990 al traguardo della "Marcia del Dondeuil", a Gaby. Siamo stati insieme in Messico, in Argentina, in Africa. Spesso ci siamo allenati assieme. Una volta l'ho portato persino a fare il percorso speciale di allenamento che mi sono inventato: su e giù a picco per le condutture dell'acqua sul salto che porta alle turbine dell'energia elettrica. Quando ha guardato giù, si è messo a ridere e mi ha detto "Sei tutto matto!". Siccome anche a lui non so dire di no, ecco la mia storia: sono nato all'Ospedale di Aosta nel 1962. Mia mamma ci ha tirato su da sola, eravamo io e altri quattro figli. Siccome la mamma aveva le mucche, abitavamo in alto, sopra Chatillon, sul monte Zerbion. A casa avevamo il cellophane alle finestre perché i vetri costavano troppo. Fino all'età di otto anni sono vissuto senza la corrente elettrica in casa. Andavo a scuola, ma mi piaceva stare per conto mio. Ero un po' selvatico. Dopo la scuola lavoravo a casa. Mi piaceva portare le mucche al pascolo, d'estate. Avevamo un alpeggio a mezz'ora di cammino da casa, sempre sullo Zerbion ma più in alto. Oppure facevo su e giù casa-Chatillon con la spesa o per portare giù il latte. C'era circa un'ora di salita e forse questo su e giù continuo fin da bambino mi ha reso così forte in salita. Un giorno ero su all'alpeggio e mi è capitato tra le mani un vecchio giornale che parlava delle imprese di Coppi e di Bartali. Sono stato come fulminato. Ho subito deciso che sarei diventato anch'io un campione, qualcuno di cui si narrano le imprese. Sono sceso a valle e ho comperato una bicicletta. Però mi hanno fregato perché era un catenaccio vecchio e pesantissimo. Ma questo l'ho capito dopo: intanto ho cominciato ad allenarmi da solo, ma non è che sapessi molto come fare. Il mio allenamento base consisteva nel caricarmi sulle spalle una gerla piena di mattoni che servivano per dei lavori all'alpeggio; e poi salire con il catenaccio da Chatillon fino a dove terminava la strada. L'ultimo pezzo fino all'alpeggio dovevo farlo a piedi. Quando mi hanno chiamato a militare (alpino!), sono stato "spedito" a Courmayeur, alla sede del Gruppo Sportivo: ma mica come atleta, io ero soldato semplice e fungevo da inserviente tutto-fare. Un giorno mi hanno ordinato di tagliare il prato davanti alla casa del generale; ma io con il tagliaerba elettrico non mi trovavo mica tanto. Allora ho detto al mio maresciallo, il maresciallo Stuffer: "Maresciallo, se mi fa andare a casa a prendere la falce che uso per i fieni, Le faccio un lavoro che il generale è contentissimo." "E come ci vai a casa, che non hai la macchina?" "In bici, maresciallo" "E quanti giorni ci metti da qui a Chatillon e ritorno?" "Guardi maresciallo, non per dire, ma se mi lascia andare adesso, io stasera sono di ritorno". Il maresciallo rise e mi lasciò partire. Quando mi vide già di ritorno nel pomeriggio, a cavallo del catenaccio, con la falce a tracolla e due bottiglioni di vino per lui nello zaino, gli prese un colpo. Disse solo: "Alpino Brunod, tu sei un talento naturale. Tra dieci giorni c'è la gara ciclistica riservata agli atleti elité del Gruppo Sportivo. Io da oggi ti nomino Atleta e quindi ti iscrivo anche alla gara." Il giorno della gara mi sono presentato con il catenaccio sotto lo striscione di partenza. La gente rideva. Gli altri avevano belle biciclette e le gambe muscolose e depilate. Avevo paura, ma il maresciallo mi fece un cenno di incoraggiamento. Alla partenza per l'emozione caddi, e gli altri sparirono subito dietro la prima curva. Allora mi prese una tale rabbia, forse perché ero povero, o forse perché mi sentivo deriso, che saltai sul rottame, ripresi il gruppo, e alla prima salita lo staccai. Vinsi con più di un minuto sul secondo. La mia carriera sportiva è cominciata quel giorno. Sono diventato un ciclista vero (con una vera bicicletta) e da dilettante ho stabilito dei record nelle cronoscalate che durano ancora oggi. Correvo in squadra con Claudio Chiappucci e in ritiro dividevamo la stessa stanza. Poi per fare il professionista mi hanno mandato in una squadra in Lombardia: lì ho visto delle cose che non mi sono piaciute tanto e così ho smesso con il ciclismo. Me ne sono tornato a casa e me ne sono stato tranquillo qualche anno: come sport giocavo allo Tzan, che è un gioco tradizionale valdostano, una specie di baseball dove tutti si infervorano, urlano e a me sembravano degli zulù. Non è che non mi piacesse, è che mi mancava ancora qualcosa. Così ho cominciato a correre in montagna. La salita mi è sempre piaciuta; forse perché assomiglia un po'alla mia vita. Piano piano ho cominciato a correre sempre più in alto: le normali corse in montagna non mi bastavano più e sono approdato alla corsa in alta quota. Nel 1995 ho ottenuto il nuovo record di salita e discesa dal Cervino: l'ho scalato in 2h 12' 29'' e sono sceso in 1h 02' 15''. Ho così abbassato di oltre un'ora il record precedente quello detenuto da Valerio Bertoglio. Da lì ho corso sulle montagne di mezzo mondo: Malesia, Stati Uniti, Messico, Argentina, Tanzania, Tibet, Nepal.... Ho vinto il circuito mondiale delle gare nel '96 e il campionato del mondo nel 1998. Oggi tanti preparatori vorrebbero pretendere il merito per i miei exploit. Senza falsa modestia, credo che quello che mi è servito veramente non sono state le tabelle o i consigli di tizio o di caio, ma l'aver imparato fin da bambino ad amare la fatica ed i sacrifici. Sento che questo dipende in qualche modo dalla vita che ho fatto. Ne sono sicuro. Ne abbiamo anche parlato molte volte con l'autore di questo libro. Penso che un giorno scriverò anch'io un libro per raccontare la mia vita: che è stata piena di fatica, ma bella. Perché ho sempre apprezzato tutto quello che sono riuscito ad avere. Ho sempre lavorato anche quando preparavo il campionato del mondo: mi alzavo alle 4.00, mi allenavo, andavo in cantiere, la sera mi allenavo di nuovo. Per fare il record del Cervino, ho prima scalato 30 volte quella montagna. Dover lavorare oltre ad allenarsi non mi è mai parso una maledizione, ma quasi l'opposto; perché dover abituarmi a fare sacrifici mi ha temprato, mi ha reso più forte di tutti. In gara gli altri mollavano sempre un po' prima di me. Qualcuno si lamenta della durezza degli allenamenti: per me allenarmi era sempre una vacanza, perché non ero giù a spaccare pietre. Ho letto che Socrate avrebbe detto una frase del tipo: "Lascia che i tuoi figli abbiano sempre un po' di freddo e un po' di fame se vuoi che siano felici". Ecco, l'ha scritta Socrate, ma l'ho pensata anch'io. La fatica, l'avere poche cose, i sacrifici, mi hanno insegnato a dare il giusto valore alle cose. Oggi ho quattro figli che non hanno fatto la vita che ho fatto io. Questo mi sembra un bene, ma a volte non ne sono sicuro. Io comunque non li spingo assolutamente a fare sport; lascio che facciano quello che gli pare, anche se sono molto contento se vedo che lo sport gli piace. Ecco, una cosa la devo dire: non sopporto i genitori che "spingono" i figli nello sport. Credo che lo sport ad alto livello vada fatto solo se uno se lo sente dentro, come un grande desiderio. Tanti mi chiedono di allenare: ma mi piacerebbe portare i giovani, anche i bambini, in montagna con me. Insegnargli ad amarla e rispettarla, ad apprezzarla come ho fatto io. Che poi il resto, se deve venire, venga da sé. Bruno Brunod Postfazione del libro: Ripensare lo sport, di Pietro Trabucchi, prefazione di Stefania Belmondo

venerdì 27 luglio 2012

Svegliaaaa!!!!

Sveglia ore 6,45 e via di corsa!! 11km 1h05 con male al ginocchio. E la cosa che mi preoccupa di più è che mi fa ancora male ora che sono trascorse quasi 10 ore! Mi sono consultato con Mimmo che mi ha consigliato di fare la risonanza. Prox settimana la prenoto, mi ha consigliato di farla al keolliker da un suo amico. Farò così. Voglio capirci qualcosa di più. Sono trascorsi 2 mesi da quando mi sono infortunato. Un mese sono stato completamente fermo e poi ho ricominciato piano piano. Ma non è servito a nulla. Meglio definire la questione. Anche perchè non riesco a progettare nulla... A settembre c'è il trail di Oulx, in alternativa la mezza di To. E poi ci sarebbe la maratona (sarebbe fighissimo fare quella di venezia a fine ottobre) e mi piacerebbe allenarmi un pò bene... Sto arrivando! Che tutto quello che posso fare e mettermi a dieta... Iniziamo almeno a evitare di svaccare questo weekend.

mercoledì 25 luglio 2012

.....e ora si parte!!!

Non riuscivo a dormire.... Troppi pensieri. Tante cose ancora non fatte... e poi progetti, sogni, buoni propositi, situazioni.... corrono veloci nella mia mente. Basta. Mi alzo. In testa mi rimane un'idea: creare il mio blog. Una sorta di diario. Forse riuscirò a trovare il modo di pubblicare le foto delle mie gite in modo che i miei amici le possano vedere (così Teo la smette di stressarmi). Magari riuscirò a fissare i momenti, le sensazioni, le esperienze.... Scrivendo è un pò come riviverle. Hai tempo però di rielaborarle. E forse riuscirò anche a condividere e confrontarmi con gli altri. Sto arrivando! Proviamoci, si parte!!!